San Massimiliano Maria Kolbe era un francescano polacco che fu definito “patrono del nostro difficile secolo” da san Giovanni Paolo II in occasione della messa di canonizzazione (10 ottobre 1982). Entrato giovanissimo nell’ordine dei frati minori conventuali, padre Kolbe fondò la “Milizia dell’Immacolata”, movimento divenuto assai attivo tra i ceti medi rurali e operai della Polonia che aveva da poco riconquistato l’indipendenza. Nel 1922 Kolbe edificò, nei pressi di Varsavia, il convento di Niepokalanów: la “Città dell’Immacolata”, che divenne un centro di rinascita spirituale e religiosa in un’epoca di profonde trasformazioni sociali e culturali.
Nonostante la salute cagionevole, nel 1930 Kolbe partì missionario per il Giappone e l’India, avvertendo la sfida di comunicare il Vangelo dove non era ancora giunto. Tornato in Polonia, venne arrestato pochi giorni dopo l’invasione tedesca. Nel 1941 Kolbe fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove il 14 agosto dello stesso anno, offrì la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, condannato a morte nel “blocco della fame” per rappresaglia dopo la fuga di un prigioniero. Ad Auschwitz, luogo che più di altri simboleggia l’abisso del male del Novecento, “morì un uomo, ma l’umanità si salvò”, come scrisse Karol Wojtyła, allora arcivescovo di Cracovia, nel 1976.
Il 13 aprile del 2015, con una cerimonia presieduta da mons. Marco Gnavi della Comunità di Sant’Egidio e da fra Marco Tasca, Ministro generale dei Frati Minori Conventuali, sono stati consegnati alla Basilica di San Bartolomeo all’Isola, le reliquie del santo e un libro di preghiere, con la seguente dedica autografa del 1937: “A fratel Jarosław. Maria. Colui che ama devotamente l’Immacolata, si salverà, diverrà santo ed altri condurrà alla santità. Fratel Massimiliano Maria Kolbe”.