Eugen Bolz, uomo politico cattolico, deputato del Zentrum al Reichstag per oltre venti anni e poi Presidente del Land Baden-Wuerttemberg fino all’ascesa al potere di Hitler, fu ucciso in un carcere di Berlino, nel gennaio del 1945. «La Chiesa», scriveva, «deve avere il diritto di intervenire contro quelle leggi che mettono in pericolo gli interessi vitali delle Chiese e il bene dei credenti. Se una legge è in contraddizione con le leggi naturali o il diritto divino, essa, secondo i cattolici, non può vincolare la coscienza. Davanti all’uso evidente e ripetitivo della violenza da parte dello Stato il popolo ha diritto a ribellarsi». Già nell’estate del 1933 fu internato in un campo di concentramento perché si opponeva pubblicamente al nazionalsocialismo in nome della sua fede di cattolico. Liberato, ebbe vari contatti con il gruppo di resistenza di Carl Goerdeler, ex sindaco di Lipsia. Dopo l’attentato a Hitler del luglio 1944, a cui non aveva preso parte, fu arrestato e condannato a morte. Alla figlia e alla moglie, che più volte gli aveva portato di nascosto la Comunione in carcere, aveva scritto prima di morire: «Mi sono preparato per mesi interiormente a questo momento. Devo congedarmi da voi e dalla vita. Mi è molto difficile lasciarvi. Vi prego accettatelo come la croce che il Signore ha voluto per me. Io ho almeno la grazia di morire preparato e forse di sfuggire a un tempo difficile».