Nel 1931 il re Alfonso XIII abbandonò la Spagna recandosi volontariamente in esilio, a causa delle pressioni dei partiti politici a lui ostili in seguito alla sconfitta dei suoi candidati nelle elezioni amministrative tenutesi l’anno prima. Nacque così la seconda repubblica spagnola, con Niceto Alcalá-Zamora y Torres, come presidente, che alle prime elezioni generali di quell’anno vide la netta vittoria di un fronte formato da repubblicani e socialisti.
La politica del nuovo governo, mirante a trasformare il paese con profonde riforme sociali, fu caratterizzata fin dai suoi esordi da un clima saturo di anti-clericalismo accompagnato da esplosioni di furore anti-religioso, ispirate e organizzate da anarchici e socialisti radicali e tollerate del governo. Scrive Andrea Riccardi nel volume “Il secolo del martirio”: “Negli anni ‘20 la Chiesa era considerata uno dei pilastri della società spagnola, tanto da apparire interna al regime monarchico e a una concezione autoritaria della vita politica. Ovviamente non tutta la Chiesa spagnola pensava il suo futuro necessariamente nel quadro monarchico o almeno non si impegnava per restaurarlo come dimostra l’atteggiamento rispettoso di buona parte della gerarchia ecclesiastica verso l’autorità costituita.” Tuttavia, il cambiamento politico in atto fu accompagnato da un clima di scontro con tutte le forze percepite come conservatrici, compresa dunque la Chiesa. Il contrasto era oltretutto alimentato dalla forte tradizione anarchica e anche anti-religiosa radicatasi nel paese, dalla crescita delle organizzazioni sindacali e delle istanze socialiste e dalla situazione disperata in cui versavano milioni di cittadini spagnoli afflitti dall’estrema indigenza; solo 90 famiglie detenevano la stragrande maggioranza delle terre, generalmente mal utilizzate.
Le elezioni generali del 1933 registrarono la vittoria di una coalizione di centro-destra. Contro il nuovo governo l’8 dicembre 1933 scoppiarono in tutta la Spagna insurrezioni anarchiche che videro scioperi particolarmente violenti, assalti alle caserme della Guardia Civil e il procurato deragliamento del treno Barcellona-Siviglia.
A partire dal gennaio 1934 il nuovo governo (di centro-destra appunto) iniziò a sospendere parte delle riforme avviate nei due anni precedenti come la riforma agraria. Dopo una serie di crisi governative, le elezioni del 16 febbraio 1936 videro la vittoria del Fronte Popolare (Frente Popular), composto dai partiti della sinistra. In seguito alla vittoria, nuove violenze si scatenarono nel paese, in parte dovute alle forze di sinistra che in preda all’euforia della vittoria assaltarono le proprietà private dei benestanti e le chiese. L’acuirsi del clima anti-religioso descritto sopra diede origine a una vera e propria persecuzione religiosa, che portò alla distruzione del 70% delle chiese spagnole e all’uccisione di quasi diecimila persone, tra le quali 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 religiose e diverse migliaia di laici di entrambi i sessi, il cui numero è tuttavia impossibile precisare.
Come è noto, il caos generale che caratterizzò la Spagna di quel periodo fu la molla che favorì l’ascesa prima militare e poi politica del dittatore Francisco Franco.