Nel 1933 in Germania saliva al potere Adolf Hitler. Il Partito nazionalsocialista da lui guidato, dotato di una milizia armata che faceva ricorso alla più brutale violenza, aveva vinto le elezioni parlamentari. Nacque così il Terzo Reich, il regime totalitario nazista, basato sul razzismo, sull’antisemitismo, sull’uso sistematico della violenza e sulla guerra. Hitler era il Führer, il capo assoluto.
Il nazismo si proponeva come una religione della nazione, della razza e del sangue, divinizzati come idoli di un moderno neopaganesimo. La Shoah, il genocidio degli ebrei, e il Porajmos, lo sterminio di rom e sinti, durante la seconda guerra mondiale hanno costituito la sua manifestazione più compiuta e terribile.
Fin dall’inizio del regime, nonostante la firma del Concordato con la Santa Sede (luglio 1933), la Chiesa cattolica fu sottoposta a pressioni e violenze persecutorie. Associazioni e istituzioni cattoliche furono sciolte o sottoposte a misure restrittive, sacerdoti e religiosi subirono limitazioni e provvedimenti penali, esponenti a del cattolicesimo furono arrestati e imprigionati nei lager, altri furono eliminati.
12.000 PRETI TEDESCHI SUBIRONO ATTI PERSECUTORI
Le relazioni del cattolicesimo con il regime nazista non furono esenti da ombre e difficoltà, tuttavia la Chiesa garanti in genere l’esistenza di uno spazio dove si preservò la possibilità di una resistenza morale. Fu la resistenza di alcune centinaia di donne e uomini cattolici, preti, religiosi e laici, che conobbero la morte per mano dei nazisti. Ma fu anche quella del vescovo di Münster Clemens August von Galen, che nel 1941 protesto pubblicamente contro il programma di eutanasia promosso dal regime, che aveva provocato l’eliminazione di decine di migliaia di malati psichici e disabili, ritenuti “vite indegne di essere vissute”. Le omelie vibranti e appassionate del vescovo indussero Hitler a sospendere il programma.
Il rapporto con il potere nazista fu complesso anche per le Chiese protestanti, divise da una spaccatura al loro interno. I “cristiani tedeschi” si piegarono al regime mentre la “Chiesa confessante” resistette alla “nazificazione” delle comunità evangeliche. Alcuni suoi esponenti subirono il martirio, come il pastore Paul Schneider nel lager di Buchenwald.
Con l’inizio della seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca di ampi territori europei la lotta del nazismo contro i cristiani si allargò su scala continentale. Ne fecero le spese vescovi, sacerdoti, religiosi, credenti laici del paesi occupati, in un crescendo di violenza inarrestabile. La repressione fu particolarmente feroce in Polonia nel quadro del progetto nazista di annichilimento della nazione polacca.
IN POLONIA, ALLA FINE DELLA GUERRA, RISULTARONO UCCISI DAI NAZISTI 4 VESCOVI, 1.863 PRETI, 289 RELIGIOSE, 494 RELIGIOSI, 149 SEMINARISTI, INNUMEREVOLI LAICI IMPEGNATI NELLA VITA DELLA CHIESA.
Durante il conflitto divenne evidente che l’obiettivo finale del nazionalsocialismo nei confronti delle Chiese era la loro eliminazione e la sostituzione del cristianesimo con la fede nazista, come Hitler stesso ebbe a dire ai suoi collaboratori. Espressione di questa logica ideologica furono le tante profanazioni di chiese e uccisioni di preti che accompagnarono le violenze del nazisti contro la popolazione civile, come avvenne in Italia a Monte Sole (Marzabotto) nell’Appennino emiliano.
I cristiani vittime del nazismo sono una lunga schiera di condannati a morte, torturati nelle prigioni, deportati nei campi di concentramento, dove hanno perso la vita per sevizie, per fame, per malattie oppure nelle camere a gas. È un martierio nato dalla loro resistenza in nome del Vangelo alla “nazificazione” delle coscienze e alla disumanizzazione della società.
TESTIMONIANZE DA DACHAU, IL PRIMO LAGER, INAUGURATO IL 22 MARZO 1933, MODELLO PER IL SISTEMA CONCENTRAZIONARIO NAZISTA
Fra tutti i campi di concentramento del regime nazista, Dachau, vicino a Monaco di Baviera, è il lager in cui è stato deportato il numero maggiore di preti e di religiosi cattolici. All’inizio del 1941 fu disposto che a Dachau, insieme a politici eminenti, fossero internati esponenti del clero. Molti di loro furono assassinati con la fucilazione, L’impiccagione, le botte, esposti al freddo, lasciati senza cibo.
2.720 PRIGIONIERI ECCLESIASTICI PROVENIENTI DA TUTTA EUROPA
«In mezzo a preti cattolici di ogni paese, pastori protestanti, pope ortodossi, tutti sacerdoti allo stato puro – senza poteri, né orpelli, né privilegi – rosi dalla fame e dal freddo, torturati dai pidocchi e dalla paura, senza più nessuna dignità oltre quella invisibile del sacerdozio, imparammo a scoprire l’essenza della vita e della fede». Don Roberto Angeli, prigioniero a Dachau.
«A nessuno inoltre sfugge che l’unità di tutte Le Chiese e Comunità è massimamente necessaria al nostri giorni…. La Chiesa fu, é e sempre sarà l’unico rifugio del senso di umanità, di amore e di misericordia; rifugio della verità, del principi della retta ragione, della civiltà e della cultura». Dalla meditazione sull’unità del cristiani tenuta nel campo il 21 gennaio 1945 dal beato Giuseppe Girotti, domenicano Italiano morto a Dachau, dove era stato deportato perché a Torino aveva aiutato gli ebrei perseguitati dai nazisti.