Don Romano: Il sangue dei martiri smuove il profondo della storia

Il rettore di San Bartolomeo all’Isola, che ospita il memoriale dedicato a chi ha perso la vita per la propria fede, è uno dei membri della Commissione istituita da Papa Francesco per il Giubileo del 2025 e che dovrà raccogliere le testimonianze di martirio degli ultimi 25 anni. Conoscerle è fondamentale, sono “perle di Vangelo” e raccontano aree del mondo di cui si parla pochissimo
Michele Raviart – Città del Vaticano

I fedeli copti in Libia uccisi dallo Stato Islamico, le vittime degli attentati di Pasqua in Sri Lanka nel 2019. Suor Luisa Dall’Orto ad Haiti e suor Maria De Coppi in Mozambico. Don Santoro in Turchia, padre Hamel in Francia. Sono questi alcuni dei “nuovi martiri” degli ultimi 25 anni, la cui testimonianze saranno raccolte dalla Commissione istituita da Papa Francesco per il prossimo Giubileo, così come avvenne per quello del duemila. Tra i membri anche don Angelo Romano della Comunità di Sant’Egidio, rettore della Basilica di San Bartolomeo all’Isola, dedicata proprio ai martiri del XX e del XXI secolo.

 

Don Romano qual è l’obiettivo della Commissione?

Siamo entrati in un nuovo millennio e in un nuovo secolo e quindi è necessario, di nuovo, raccogliere le testimonianze di quanti hanno dato la vita per il Vangelo. Viene ribadito anche il valore ecumenico di questo lavoro. La ricerca di questi nuovi testimoni della Fede riguarderà non soltanto la Chiesa cattolica, ma si estenderà a tutte le confessioni cristiane. Vengono anche elencate tutte le diverse situazioni che producono martiri. In alcuni casi anche soltanto partecipare all’eucaristia domenicale significa rischiare la vita. C’è quindi questa attenzione a una Chiesa che, come Papa Francesco ha detto tante volte, è tornata essere “Chiesa di martiri” e che vuole conoscere e poi custodire le storie di tutti quanti questi figli del Signore che hanno donato la vita per il Vangelo

Il Papa scrive, e non è la prima volta, che i martiri sono più numerosi nel nostro tempo che nei primi secoli. Perché si è arrivati a questi numeri, se vogliamo, controintuitivi?

La sorpresa è più il problema del fatto in sé, perché forse ci eravamo dimenticati quanto la testimonianza dei cristiani è in qualche modo “inquietante” in tante situazioni. I cristiani, per esempio, in contesti controllati dalla malavita organizzata, educano i giovani, raccolgono i poveri, li aiutano senza secondi fini… Rappresentano un elemento di fortissimo fastidio per le organizzazioni criminali, che poi alla fine infatti come succede in diversi contesti latino-americani, non esitano a uccidere, anche dei presbiteri, anche dei vescovi. La testimonianza cristiana pur essendo “mite”, è una testimonianza forte. Di forte amore che molte volte fa in qualche modo esplodere un’avversione che purtroppo arriva fino al togliere la vita. In tante parti del mondo i cristiani soffrono la tensione relativa al fatto di essere una minoranza o di vivere in società che non hanno ancora una vera e perfetta concezione della libertà religiosa. In altre sono esposti anche all’avversione politica e al tentativo di riduzione dell’esperienza cristiana al semplice atto di culto. Si cerca di mutilare la vita della Chiesa di tanti aspetti fondamentali. Pensiamo all’assistenza ai più poveri, all’educazione. È un discorso complesso, che però ci ricorda che il Vangelo in qualche modo è qualcosa che cambia la realtà, non la lascia come è, e questo genera evidentemente dei contraccolpi e delle reazioni. Purtroppo a volte anche negative. La forza del Vangelo spesso, in qualche modo, ha questo tipo di conseguenza da parte di chi vuole spegnere quella luce di speranza, quella proposta alternativa quel lievito che in qualche modo, si vede, sta trasformando la società.

Lei è rettore di San Bartolomeo all’Isola a Roma ad una chiesa dedicata ai martiri del XX e del XXI secolo e dove c’è un memoriale che li ricorda. Quali sono le figure più eminenti riguardo proprio questo ultimo quarto di secolo?

In questi ultimi 25 anni ci sono indubbiamente tante personalità. Penso particolarmente alla storia di Padre Hamel, che in questi giorni in cui la Francia è scossa da violenze molto dolorose, la sua storia è di segno opposto. Un uomo di pace, un uomo di grande fraternità, che aveva donato un terreno della parrocchia per la costruzione di un centro islamico per permettere i musulmani della sua zona di pregare, e che viene ucciso da due giovanissimi estremizzati su internet mentre celebra la liturgia. Quello che è impressionante sono i frutti di questo evento tragico. C’è stato un radunarsi di tutti, anche di tante autorità religiose islamiche, che hanno manifestato un qualcosa che non era formale, ma che era veramente il dolore per un uomo buono. Il sangue dei martiri misteriosamente smuove qualcosa di profondo nella storia, lo si è visto in tante situazioni e lo si vede continuamente. C’è la loro testimonianza cristiana che è apparentemente una sconfitta, ma paradossalmente, alla fine diventa un po’ come la croce, un segno di vittoria. Nella loro storia noi vediamo i segni luminosi di una vittoria del bene sul male e della vita sulla morte.

In che modo possono essere di esempio oggi nel 2023 le storie dei martiri per i cristiani?

Già conoscerli è qualcosa di fondamentale. Infatti il compito della Commissione, come si evince dalla lettera di Papa Francesco che poi era anche il compito della Commissione nuovi martiri in vista del Giubileo del 2000, è proprio quello di raccogliere le storie, quindi raccogliere le testimonianze su queste vicende, perché siano conosciute. La verità è che la gran parte di questi testimoni della fede vivono in un contesto di cui non si parla o si parla pochissimo come Haiti, come il Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, o come in alcuni angoli nel Medio Oriente. Conoscere le loro storie significa anche aprire uno squarcio su un velo di silenzio che tante volte non ci permette di conoscerle e di apprezzarle. Ma sono storie attrattive, sono storie belle, sono delle perle di Vangelo che vanno assolutamente contemplate. Muovono alla contemplazione, all’ammirazione e alla gratitudine verso una vita che è riuscita a giungere lì dove umanamente non si dovrebbe mai giungere, cioè al dono della vita, però attraverso un percorso che è illuminato dalla grazia di Dio.