Il 13 aprile 2015 sono state consegnate alla Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina le reliquie di san Massimiliano Maria Kolbe, il francescano polacco che fu definito “patrono del nostro difficile secolo” da san Giovanni Paolo II.

La Basilica, santuario dei Nuovi Martiri del XX e XXI secolo, affidato alla Comunità di Sant’Egidio, ha accolto la memoria di Kolbe con una cerimonia di consegna presieduta da mons. Marco Gnavi della Comunità di Sant’Egidio e da fra Marco Tasca, Ministro generale dei Frati Minori Conventuali. Durante la cerimonia, oltre alle reliquie, è stato affidato alla Basilica anche un orazionale con una dedica autografa del 1937: “A fratel Jarosław. Maria colui che ama devotamente l’Immacolata, si salverà, diverrà santo ed altri condurrà alla santità. Fratel Massimiliano Maria Kolbe”.

Entrato giovanissimo nell’ordine dei frati minori conventuali, padre Kolbe fondò la “Milizia dell’Immacolata”, movimento divenuto assai attivo tra i ceti medi rurali e operai della Polonia che aveva da poco riconquistato l’indipendenza. Nel 1922 Kolbe edificò nei pressi di Varsavia il convento di Niepokalanów, la “Città dell’Immacolata”, che divenne un centro di rinascita spirituale e religiosa in un’epoca di profonde trasformazioni sociali e culturali.
Nonostante la salute cagionevole, nel 1930 Kolbe partì missionario per il Giappone e l’India, avvertendo la sfida di comunicare il Vangelo dove non era ancora giunto. Tornato in Polonia, venne arrestato pochi giorni dopo l’invasione tedesca. Nel 1941 Kolbe fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove il 14 agosto 1941 offrì la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, condannato a morte nel “blocco della fame” per rappresaglia dopo la fuga di un prigioniero. Ad Auschwitz, luogo che più di altri simboleggia l’abisso del male del Novecento, “morì un uomo, ma l’umanità si salvò”, come scrisse Karol Wojtyła, allora arcivescovo di Cracovia, nel 1976.