Di seguito proponiamo una fotogallery e un contributo video della cerimonia di consegna al Santuario dei Martiri del XX e XXI secolo dell’arnese da lavoro appartenuto a Charles de Foucaulod, sacerdote missionario ucciso a Tamanrasset, in Algeria, nel Sahara, il 1° dicembre 1916, dopo che una piccola banda di predoni era entrata nel suo rifugio.

Pochi anni dopo la sua morte sono nate le comunità  delle Piccole Sorelle e i Piccoli Fratelli di Gesù, che testimoniano nel mondo un modo di porsi di fronte all’Islam non più contrapposto bensì come fratelli.

La memoria di Fratel Carlo una cazzuola, utilizzata per costruire la sua ultima dimora a Tamanrasset, in Algeria, è stata consegnata al Santuario dei Martiri del XX e XXI secolo, il 29 ottobre scorso dalle Piccole Sorelle di Gesù, che la custodivano a Roma nella loro casa delle Tre Fontane.

 

Cerimonia di consegna della memoria di Charles de Foucaulod

 Arnese da lavoro appartenuto a Charles de Foucaulod. Il cuore e la croce incisi sul manico rappresentano il simbolo delle Comunità dei Piccoli Fratelli e delle Piccole Sorelle di Gesù.                                                                                                            

Processione della memoria verso la cappellina dedicata al martirio in Africa

Cappellina dedicata ai martiri in Africa – deposizione della memoria

Rettore della Basilica di San Bartolomeo don Angelo Romano

 

 

 

 

 

TESTIMONIANZE

Lettura di una Testimonianza di fratel Carlo di Gesù, dai suoi appunti del ritiro prima dell’Ordinazione sacerdotale

“Poiché Gesù, la carità, il Cuore di Gesù vuole che io parta senza indugio, cum festinatione, appena sarò pronto, appena lo Spirito Santo mi spingerà, appena il mio direttore mi manderà, risulta da ciò che il mio dovere è di prepararmi, cum festinatione, in modo che quella fra le tre condizioni che dipende da me sia soddisfatta al più presto possibile.

In che cosa consiste la preparazione? Nel crescere in amore, in scienza, in maturità. Per acquistare: più amore, osservanza fedele del mio Regolamento; fare in tutte le cose ciò che è più perfetto, perfezione degli atti quotidiani; soprattutto preghiera, umiltà, amore verso il prossimo; più scienza, dedicare allo studio tutto il tempo che non è richiesto dalle pratiche del Regolamento, dalla carità o da altri doveri imperiosi; più maturità, la maturità sarà data direttamente da Dio (oppure verrà naturalmente in seguito alla scienza e soprattutto all’amore). […]

Non sarebbe meglio, come prima cosa, andare in Terra Santa? No. Una sola anima ha più valore dell’intera Terra Santa e di tutte le creature irrazionali messe insieme. Bisogna andare non là dove la terra è più santa, ma là dove le anime si trovano nel più grande bisogno. […]

Tutto questo disegno non è forse un effetto e una tentazione dell’amor proprio e dell’orgoglio? No. Perché il suo effetto, in questa vita, sarà non la consolazione né l’onore, ma tante croci ed umiliazioni: – O tu per questo verrai disprezzato, o Io per questo verrò glorificato: in ambedue i modi tu ci guadagni – .”

Omelia di don Angelo Romano, Rettore della basilica di San Bartolomeo
Cari fratelli e sorelle,
oggi riceviamo in questa Basilica di San Bartolomeo, Santuario dei nuovi martiri, un oggetto
appartenuto a Fratel Carlo di Gesù, uno strumento di lavoro, da costruzione, su cui Fratel Carlo ha
inciso il suo emblema, il cuore e la croce, Gesù Carità. È un dono prezioso, che collocheremo
sull’altare dell’Africa, di cui ringrazio la comunità delle Piccole sorelle delle Tre Fontane, che
saluto, come anche don Gabriele, il postulatore padre Ardura e tutti voi che questa sera partecipate a
questa preghiera. Saluto Andrea Riccardi che a tanti amici della Comunità di Sant’Egidio e a me per
primo ha fatto capire l’importanza della testimonianza di Fratel Carlo di Gesù.
La testimonianza di Fratel Carlo è preziosa per noi tutti. È la storia di un uomo che, dopo anni di
lontananza da Dio, scopre la dolcezza di essere amato, la bellezza dell’amore di Gesù verso di lui,
immeritato, gratuito, sorprendente. A quel dono, a quell’amore Charles de Foucauld ha sentito di
dover rispondere, di non poter non donare anche lui il suo di amore. Il suo percorso spirituale, che
ci è presentato in tutta la sua ricchezza nei suoi scritti, e in quanti dalla sua morte ne hanno seguito
l’esempio e diffuso il pensiero, parte proprio dal desiderio di donare, di fare conoscere l’amore di
Gesù a quanti ne sono lontani, ai più lontani.
In una meditazione, scritta mentre si trovava a Nazareth, prima degli anni in Algeria, scriveva:
“dobbiamo essere i servi di tutti gli uomini […] compiendo presso tutti, all’occasione, i servizi più
abietti, più vili, i servizi da servo, quelli che Nostro Signore rese ai suoi discepoli lavando loro i
piedi, quelli che rese per tutta la sua vita nascosta ai suoi genitori, a Nazareth”.
Per servire quanti erano più lontani dalla possibilità di incontrare il Vangelo, si rese disponibile ad
andare in mezzo ai Tuareg, nel deserto, in un contesto totalmente islamico, con una presenza amica,
da uomo di preghiera e di incontro, capace di comprendere e di intessere legami con un mondo
diversissimo ed a tratti anche ostile. Il desiderio di vivere servendo i fratelli, nascostamente,
seguendo Gesù, traspare continuamente nelle sue riflessioni di questo periodo, a partire anche dalle
parole della parabola del giudizio finale riportate dal Vangelo di Matteo al capitolo 25, In verità io
vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Scrive Fratel Carlo: “Abbiamo fede in questa parola e la nostra vita si trasformerà… Non c’è forse
parola del Vangelo capace di mutare tutta l’esistenza come questa. Essa ci fa vedere tutto sotto una
nuova luce, e che luce! Gli uomini non sono più soltanto fratelli, sono Gesù stesso.”
Charles De Foucauld vuole mettersi al servizio dei suoi fratelli, e sceglie quelli più lontani, i più
distanti anche geograficamente, nel cuore del Sahara. Vuole vivere il suo “sogno monastico” in
mezzo a loro, in modo libero, nuovo, senza protezioni e difese istituzionali. E una scelta per un
mondo periferico, marginale, di scarsa importanza anche in quel tempo caratterizzato da ansie
coloniali di controllo sistematico del territorio. È un mondo isolato, chiuso nelle sue tradizioni
nomadi e tribali, ma un mondo che Fratel Carlo inizia ad amare profondamente, a conoscere, a
studiare in modo approfondito e originale.
Dopo un periodo a Beni Abbes, sceglie di andare ancora più a Sud, a Tamanrasset, nel cuore del
deserto. “Vuole essere e si definisce “fratello universale”. Incontra moltissima gente: dopo la sua
morte, alcuni Tuareg che lo conoscevano riferirono sorpresi “non ci faceva mai aspettare”. Fratel
Carlo sceglie di mettere al centro i periferici, i lontani, in modo pacifico, silenzioso, sul modello
della vita di Gesù a Nazareth.
Ma mondo intorno è entrato in quel grande sconvolgimento che fu il primo conflitto mondiale.
L’Europa è in fiamme, ed anche le colonie vivono le conseguenze del conflitto. Nella vicina Libia,
colonia italiana ed ex territorio ottomano, i ribelli Senussi si muovono cercando una possibile
rivincita sulla presenza coloniale europea. Giunge cosi il giorno del martirio per Fratel Carlo, ad
opera di una banda di razziatori senussi, il 1 Dicembre 1916.
Accogliere il Vangelo in tutta la sua semplicità, evangelizzare senza voler imporre, testimoniare
Gesù nell’amore che supera ogni distanza, riaffermare il primato della carità vissuta, sono solo
alcuni degli aspetti più preziosi di un’eredità che è stata raccolta e vissuta da una larga famiglia
spirituale che a Fratel Carlo guarda come ad un modello e testimone della fede.
Metteremo questo strumento di lavoro sull’altare dei martiri dell’Africa, accanto ad una lettera di
Frere Christian de Chergè, anche lui martire in Algeria. Anche lui aveva scelto, come gli altri
monaci della sua comunità di Tibhirine, di non abbandonare l’Algeria ma di vivere quella
condivisione che era parola chiave anche della esperienza e della vita di Carles de Foucauld. Sono
testimoni di quella via di presenza cristiana tra i musulmani che, come scriveva Frere Christian si
impegnava a “preparare qualcosa di nuovo e renderlo possibile” in un contesto in cui questo
appariva estremamente difficile se non impossibile.
Ma il martirio di Charles de Foucauld, la sua vita, le sue parole, hanno rappresentato una feconda
semina spirituale. Viviamo in un tempo in cui, con Papa Francesco, siamo chiamati ad andare verso
le periferie umane ed esistenziali del mondo, sempre più abbandonate da quelli che si credono il
centro del mondo, i poteri economiche politici. In quelle periferie, assieme ai dimenticati, ai lontani,
ai poveri, la parola del Vangelo è forza umanizzante, liberante. E ricostruisce quel tessuto di unità
tra fratelli che spesso viene continuamente lacerato.
Un amore che ricostruisce l’unità: come ricordava nel 1954 una delle più importanti figlie spirituali
di fratel Carlo, Petit Soeur Madeleine, parlando delle piccole Sorelle da lei fondate diceva: “Se
dovessi definire la missione della Fraternità in una sola parola, non direi “povertà” o “carità” ma
“unità”. È la testimonianza di Charles de Foucauld, il suo amore di piccolo fratello universale,
continua a muovere tanti perché gli uomini vivano finalmente come fratelli e figli di un unico
Padre.

Lettera di Piccola Sorella Luigina
Caro fratel Charles,
ci hai detto che Gesù di Nazareth ha sedotto il tuo cuore: Gesù, il figlio di Dio, che ha vissuto
nell’anonimato nel suo villaggio
Hai voluto ricordarti di lui come lavoratore manuale nella bottega del falegname.
Gesù di Nazareth era il tuo modello; anche per noi, tue discepole, è il nostro modello
È per questo che, con grande gioia, oggi portiamo in questa chiesa uno dei tuoi strumenti di lavoro.
La tua prima costruzione in Algeria è stata una piccola cappella. Subito dopo hai costruito una
grande stanza per accogliere tutti gli ospiti.
Hai chiesto a tutti di chiamare la tua casa “fraternità”, perché volevi che tutti sapessero che tu eri il
fratello di tutti i poveri e di tutti gli esseri umani senza distinzione
Anche noi, tue discepole, vogliamo che le nostre case siano aperte a tutti.
Attorno alla tua prima fraternità, a Beni-Abbès, hai costruito un muro e ai bordi del terreno
circostante hai messo dei sassi che rappresentavano la clausura monastica. Ma più tardi, negli altri
luoghi in cui hai vissuto, il muro non c’era più e non hai più parlato di clausura. In seguito hai
perfino scelto di vivere in una zona che era di passaggio per molti nomadi. Nei tuoi viaggi, eri
accessibile a tutti, ti si poteva parlare di qualsiasi cosa, eri a tuo agio con tutti.
Noi, tue discepole, vogliamo essere aperte ad ogni persona, alle preoccupazioni di tutti.
In Algeria eri amico del dottor Lhérisson, un medico militare francese. A Natale l’avevi invitato per
la messa di mezzanotte, ma ti rispose che non poteva venire essendo protestante..Allora sei andato
nella tua biblioteca a cercare una Bibbia edizione protestante, che avevi tra i tuoi libri e gliel’hai
regalata.
In quel periodo nella Chiesa cattolica non si parlava molto bene dei protestanti, e tu, prete cattolico,
avevi la loro Bibbia!
Per te il dottor Lhérisson era amico e fratello.
Anche noi, tue discepole, vogliamo amare con delicatezza per raggiungere l’altro con rispetto là
dove si trova.
Nel tuo quaderno annoti quando un vicino musulmano muore e poi scrivi: “sono andato al suo
funerale”.
Tu, prete cattolico, nel 1914, partecipi a dei funerali di musulmani!!!
Sicuramente avranno recitato le loro preghiere, e tu non sarai certamente rimasto tra loro senza
pregare a modo tuo, nel segreto del cuore
Anche noi, tue discepole, vogliamo farci vicine ai credenti di ogni religione.
Con la tua cazzuola, ma ancora di più col tuo amore e con tutte le tue capacità, hai lavorato alla
costruzione del Regno
Anche noi, tue discepole e amiche, vogliamo costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui
saremo tutti fratelli e sorelle.